Trono di Spade è l’Odissea dei tempi moderni, è un capolavoro assoluto…
Sta per finire, ed è in atto una crisi esistenziale, mia e di milioni di spettatori nel mondo. Io i libri neanche li ho letti e non li leggerò. Perché in realtà quello del Trono di Spade è un genere che solitamente non mi attira.
Infatti fu mio marito a dirmi di provare a guardarlo. Era incuriosito, si chiedeva come mai avesse avuto così tanto successo.
Iniziammo a vederlo quando la serie era già arrivata alla fine della sesta stagione, e meno male, perché restare in attesa dell’arrivo di quella nuova, è a dir poco snervante!
Eh sì, perché alla fine della seconda puntata della prima stagione ero già diventata dipendente senza neanche accorgermene.
Il Trono di Spade è l’Odissea dei tempi moderni, è scritto in maniera impeccabile, i personaggi sono delineati in modo sublime, e credo che George R.R. Martin, nei suoi libri, abbia saputo fare pure di meglio se vale la regola che i libri sono sempre più belli dei film.
È che il fantasy è una scusa, è che nel Trono di Spade c’è una profondità disarmante, c’è la vita, c’è la morte, c’è l’amore, l’onore, l’amicizia, non manca niente.
È una soap opera fantasy ed esistenzialista allo stesso tempo.
È un capolavoro assoluto, una delle serie tv più belle e importanti dei nostri tempi, ed è da snob pensare il contrario. Poi certo, esistono poche persone al mondo cui non è piaciuto, ma non riusciamo a capirle.
Game of Thrones è una religione, è una droga potentissima, e ora la sua fine lascerà un vuoto difficile da colmare.
Tra i vari meme in circolazione, il mio preferito è quello che recita: “La cosa peggiore che possa accaderti? Morire prima di vedere il finale de Il Trono di Spade.”
Ed è davvero così, sarebbe una disgrazia incredibile, la vita non avrebbe avuto senso!
Ora sto volutamente esagerando, ma i veri fan so che capiranno e che sorrideranno.
Le serie tv sono le novelle dei nostri tempi, e se Shakespeare fosse vissuto oggi, forse avrebbe scritto sceneggiature per serie tv, non certo opere teatrali, ci scommetto, e dire che è impossibile è da snob, anche questo, sì.
Il segreto del successo de Il Trono di Spade non è uno, sono tanti. Sono le scelte sbagliate dei personaggi, sono i buoni e i bambini che muoiono, sono le donne incinte che vengono sventrate senza pietà, che neanche Charles Manson.
È l’inaspettato, il non scontato, il politicamente scorrettissimo, il sesso che c’è, si vede, si fa, si gode, e pure con tua sorella, se ti piace tanto.
È la presenza della violenza non gratuita e del sacro, è la magia, la vendetta e la giustizia, i miti e gli archetipi. È la sua epicità.
Il Trono di Spade ci mette davanti agli istinti dell’essere umano, che possono essere tremendi, perfidi, orribili, ma senza dimenticare che poi esiste l’etica, la morale, il bene, e forse pure Dio. E poi certo, è anche draghi, orchi, non-morti, e chi più ne ha più ne metta.
E non dimentichiamo la musica, la ciliegina sulla torta, dove ogni personaggio ha il suo tema, importante e fondamentale come per Star Wars, altra indiscussa epopea dei nostri tempi, ma comunque minore, più per ragazzi, vero e puro intrattenimento.
Anche qui, come fece John Williams, abbiamo a che fare con i grundthemen e i grundmotiven di wagneriana memoria, capostipite del dramma poetico che fece un unicum di narrazione, musica e poesia.
Il Trono ha delle pretese, le ha sempre avute, e non ha mai deluso le nostre aspettative.
Credo anche che uno dei segreti profondi del successo del Trono di Spade stia proprio nell’incesto, nella storia d’amore tra Jaime e Cersei Lannister, fratello e sorella, storia con cui il Trono di Spade, infatti, inizia, e che è causa di molti, se non di tutti i casini che avverranno durante la serie, che continuerà, nella settima stagione, con un altro incesto, quello tra Daenerys e Jon Snow, zia e nipote.
L’incesto, tabù assoluto della nostra società, cui René Girard, nel suo “La Violenza e il Sacro” (ne avevamo già parlato su Pangea), dedica molte pagine che spiegano il perché di questo divieto capace di scatenare guerre e violenze inenarrabili, proprio come quelle che avvengono ne Il Trono di Spade: “[…] la sessualità fa parte della violenza sacra. I divieti sessuali, come tutti gli altri divieti, sono sacrificali; ogni sessualità legittima è sacrificale. Come dire che, propriamente parlando, non c’è sessualità legittima più di quanto non vi sia violenza legittima tra i membri della comunità. I divieti dell’incesto e i divieti che vertono su qualunque uccisione o immolazione rituale all’interno della comunità hanno la stessa origine e la stessa funzione. Perciò si somigliano”.
Per Girard “il meccanismo della vittima espiatoria deve ormai apparirci come essenzialmente responsabile del fatto che esiste quella cosa che si chiama umanità”, perché l’uomo non è come gli animali, l’uomo, durante una lotta, non lascia vivo il suo avversario, non ha questo meccanismo di protezione, ed è stata la religione, l’istituzione del sacro a porre finalmente dei limiti e a permettere alle comunità di formare la società che conosciamo oggi.
E l’incesto fu uno dei divieti fondanti proprio per non rischiare di portare la violenza ‘in casa’, troppo vicina alla comunità.
“Il divieto grava su tutte le donne che hanno costituito la posta in gioco della rivalità, perciò tutte le donne vicine, non perché siano intrinsecamente più desiderabili ma perché sono vicine, perché si offrono alla rivalità. La proibizione copre sempre i consanguinei più prossimi; ma i suoi limiti esterni non coincidono necessariamente con una parentela effettiva”.
Tutti i divieti che conosciamo non sono altro che rappresentazioni della violenza stessa. Dietro di essi si cela la brutalità più efferata, che potrebbe scaturire da un momento all’altro se solo non esistesse più la proibizione. E Il Trono di Spade gioca molto su questo, sbaraglia i veti, incita a ricordarci l’importanza del sacro e del religioso con il suo “Signore della Luce”.
“Al pari del sacrificio cruento, la sessualità legittima, l’unione matrimoniale, non sceglie mai le sue ‘vittime’ tra coloro che vivono insieme. Per le regole matrimoniali – che sono il rovescio delle proibizioni dell’incesto – vale lo stesso che per le regole che determinano la scelta delle vittime sacrificali – che sono il rovescio dei divieti della vendetta”.
Ed ecco il gioco del ‘chi sposa chi’, dei matrimoni combinati, degli intrecci amorosi, dei matrimoni utili alle casate. E in tutto questo non è ammesso l’incesto, mai, causa di violenze inaudite che potrebbero portare la comunità alla distruzione.
“Lo scambio matrimoniale può essere regolarmente accompagnato da violenze ritualizzate, analoghe alle forme di guerra rituale. Tale violenza sistematizzata somiglia alla vendetta interminabile che imperverserebbe all’interno della comunità se appunto non fosse spostata verso l’esterno. […] Tutti gli aspetti della sessualità legittima, segnatamente nella famiglia occidentale, ancora oggi, rivelano il suo carattere sacrificale. La sessualità dei coniugi è quanto di più centrale e di più fondamentale ci sia, poiché è l’origine stessa della famiglia, eppure non è mai visibile, è estranea alla vita propriamente familiare. Agli occhi dei consanguinei immediati, e in particolare dei figli, è come se non esistesse; talvolta è nascosta quanto la violenza più nascosta, la violenza fondatrice stessa”.
Esatto, proprio la violenza, altra prerogativa di Game of Thrones, che non risparmia nessuno, che non nasconde la ferocia e la spietatezza dell’animo umano, che non indora mai la pillola, che ci fa sentire l’odore del sangue e della morte, tanto che a volte, per l’efferatezza delle immagini, ci ha costretto a nascondere il volto tra le mani, al riparo.
Insomma, il Trono di Spade è stato anche tutto questo, e non sarà semplice dirgli addio, anche perché mi sa che dovremo vedere morire molti dei nostri personaggi preferiti in queste ultime due puntate che ci aspettano, e piangeremo tanto, che manco se ci morisse un parente piangeremmo così, lo so.
È stato bello, è stato grandioso, ma sappiamo che tutto deve finire, e che “Valar Morghulis”.
Articolo tratto da