Goodbye Cobain

 In IL SETACCIO

Io ho fatto il percorso contrario. Io i Nirvana li ho conosciuti con l’Unplugged e per qualche mese ho creduto che fossero dei mosci depressi meravigliosi. Sono tornata da una vacanza, e siccome mi ero innamorata di un coglione depresso con tendenze suicide (a quell’età si sa, affascinano), invasato dei Nirvana, anzi, invasato della figura di Kurt Cobain, mi sono messa ad ascoltarli, più perché piacevano a questo tizio che altro. Avevo tredici anni e Kurt era già morto da tre. Il massimo del rock che mi concedevo fino a quel momento era Alanis Morissette e i Radiohead. Comunque, vidi qualche foto di Cobain sui giornali e scoprii che era pure un gran figo (oggi sti tipini con il nasino all’insù, biondi occhi azzurri, mi fanno pure cagare, meglio uno hardcore come Birol Unel), ma sì, a quell’età si sogna l’amore e il principino e lui, pure se un po’ lercio e con i capelli unti, era proprio bello. Ma tornando all’unplugged: una mia amica, cui avevo cominciato a fare una testa tanta con i Nirvana, mi disse che suo padre aveva un disco di questa band. Un cd. Una copertina verde con Kris, Dave e Kurt che si cospargono le dita di colla. Non so che diavolo di versione fosse, ma quell’album conteneva l’unplugged. Cominciai ad ascoltarlo mattina e sera e mi meravigliavo, chissà mai perché, che ogni volta, dopo averlo ascoltato, mi sentivo depressa, più depressa di quello che già ero. Di lì a breve comprai tutto quello che c’era da comprare dei Nirvana e su Kurt. Internet non c’era, quindi era una figata scovare foto sui giornali più disparati, aiutata dalle amiche che mi portavano qualunque cosa trovassero. Comprai poster, cartoline, cassette, felpe… Cominciai a vestirmi come lui, a muovermi come lui, a pensare come lui, ci accumunava pure un perenne mal di stomaco. Comprai biografie e libri con i testi delle canzoni. Per nessun altro al mondo ho mai avuto una passione così viscerale. Non so neanche bene perché. Facevo sedute spiritiche per parlargli, mi convinsi che per un po’ era diventato il mio angelo custode, e quando non c’era, era solo perché doveva stare un po’ anche con la figlia. Era il mio amico immaginario, un po’ come il suo Boddah. Lo baciavo, gli facevo gli altarini ogni giorno del suo compleanno e il giorno dell’anniversario della morte. Gli compravo fiori e accendevo candele. Mi mettevo davanti al suo poster gigante e piangevo. Come se fosse morto mio padre, il mio fidanzato. Io. Cominciai a suonare la chitarra come lui, a odiare tutti come lui. Cominciai a scrivere diari come lui. Poesie, storie. Canzoni non son mai stata capace. Cominciai a bruciare foto di Courtney Love, quella puttana. Povera…

Poi cominciai a bere come lui, a drogarmi come lui, ad aver voglia di suicidarmi come lui… Mi sono fatta del male come lui e ho fatto del male a chi mi voleva bene come ha fatto lui. Ha fatto del male a me, come a tanti altri sensibili come lui. Ma chi cazzo se ne frega, direte voi. Giusto, ma mi arrogo il diritto di dire: “Chi meglio di un’invasata pazza come me che non rivolgeva la parola a chiunque non amasse i Nirvana, può scrivere la recensione su questo cazzo di ennesimo documentario su Kurt Cobain?”
Ebbene sì, per un po’ mi sono sentita un’eletta, una che era capace di capirlo, forse l’unica. E sapete che vi dico? Forse era così. E sapete cos’altro vi dico? Kurt si sta rivoltando nella tomba dopo questo cazzo di film.
Ed è inutile che fior di giornalisti abbiano scritto grandi cose su questo documentario, giusto per lanciarlo, giusto per vendere qualche copia in più. Perché Cobain tira sempre un sacco!
Avete rotto i coglioni.
Montage of Heck è una marchetta bell’e buona di cui si poteva fare benissimo a meno. Fatta per arricchire Brett Morgen, fatta per arricchire ancora un po’ la Love, che di soldi se ne è sputtanati parecchi, e prodotta dalla figlia perché tanto sarà sempre solo la figlia di Cobain, e allora tanto vale fare un filmetto su papà finché non avrò trovato la mia strada, no? Se mai la troverò.
Avete rotto i coglioni.
Ma perché non lo volete far riposare in pace? L’altra sera mi è capitato di vedere, facendo zapping, un pezzo di quel film di Pieraccioni (chi avrebbe mai pensato di scrivere la parola Pieraccioni in un pezzo su Cobain, mio Dio, perdonami…) dove a un certo punto il fantasma di Marilyn dice: “Sono qui perché siete voi, quaggiù, che continuate a chiamarci. In più chiamate sempre i soliti, che noia!”. Parole sante.
Avete rotto i coglioni.

Si salva il montaggio di questo film. Le idee c’erano ed erano buone. È bravo Morgen, mica no. Come trovare l’escamotage di fare dei pezzi a cartoni animati (molto belli, in stile Valzer con Bashir) delle registrazioni audio di Kurt che Brett si è ritrovato negli archivi. Ma animarmi i disegni e i pupazzetti di Cobain, (con l’intento non riuscito di strizzare l’occhio ai cartoni di The Wall) era un po’ tirata come cosa, e abbastanza kitsch. Niente di nuovo all’orizzonte. Una fan come me conosceva già quasi ogni foto, ogni immagine, ogni concerto, ogni testo, ogni appunto, ogni disegno. Non scrivete che si sono aperti gli archivi e che c’è materiale davvero davvero inedito. Traete in inganno i fan! L’unica cosa davvero inedita erano certi filmati di Kurt da piccolo e quelli con Courtney e Frances a casa loro, in bagno, mentre si lavano, stanno a letto, mentre fanno la festa di compleanno a Frances, mentre Kurt si fa la barba e Courtney (tanto per cambiare) fa vedere le tette. Filmini che la Love poteva mettere online molto prima, magari pure sul suo Instagram, senza aspettare il momento buono per specularci a distanza di vent’anni quando magari l’ossessione da parte di tutti per Kurt si stava per affievolire un po’. O poteva evitare del tutto. Il resto è noto. Quasi mi addormentavo se non fosse stato per la musica a palla che è sempre un piacere risentire. E i pugni allo stomaco che alcuni hanno detto di aver ricevuto, guardate che erano dovuti al montaggio da attacco epilettico, e magari perché soffrite d’ansia, e perché probabilmente due ore di fila di musica dei Nirvana non siete più abituati a sentirle, come me del resto. Quella musica spaccava e spacca tuttora, ma passati i trenta, oggi, chi li ascolta più i Nirvana? Ditemi e ditevi la verità. Diciamocela! Smells like teen spirit era una canzone di merda, un pezzo pop. Tanto che nella storica intervista a Rolling Stone pure Kurt disse che quando fece sentire il riff a Krist, quest’ultimo pensava che stesse scherzando, non ci poteva credere! E invece Kurt gliela fece provare fino allo sfinimento. E quella fu la sua vera rovina. Quella merda di canzone che lo fece amare dal pubblico mondiale che per la maggior parte non capisce un cazzo di niente tanto meno di musica. Un pezzo che era buono per ubriacarsi, ballare, pogare e dire: “Minchia figata!” Sì, proprio quello che desiderava tanto Kurt. La sua rovina fu una cazzo di madre che lo imbottiva di Ritalin perché era troppo agitato. Una matrigna che l’ha cacciato da casa perché era un adolescente rompipalle, come tanti di noi lo sono stati. La sua rovina fu una cazzo di madre che era convinta di vivere in un posto magnifico, la “rigogliosa” Aberdeen. Un buco di culo in mezzo ai boschi. Una madre che fece un figlio perché: “Sì, dai, un figlio lo devo fare, anche se sono giovane, se no che cazzo avrò concluso nella mia vita? Fa niente se non sono pronta e non so manco fare la donna ancora. Come faccio se no a sentirmi realizzata?” Lo psicologo una volta mi disse che si cerca la fama e il successo per avere il riconoscimento che non si è avuto dai genitori, l’affetto. Lo mandai a cagare, ma forse non aveva tutti i torti… La sua rovina fu una cittadina di merda, un padre che lo denigrava e avere una testa di cazzo (perché la testa di cazzo ce l’aveva), e l’E-R-O-I-N-A, quella troia. La sua rovina furono i problemi allo stomaco (possibile che un cazzo di dottore in tutta America non abbia saputo aiutarlo? Questo è morto per malasanità, cazzo!) La sua rovina fu essere sensibile, un genio, intelligente, bla bla bla. Un debole, e qui un po’ devo dare ragione a mio padre, che me lo diceva sempre. Era un debole, un codardo. Perché pure a me la depressione e i momenti no non è che sono passati, ci combatto ogni giorno, ogni notte appena mi metto a dormire. Lotto con le paure, l’ansia, le ossessioni, i miei lati d’ombra, la malinconia, e non è che sia facile. La voglia di mollare tutto, di spaccare tutto, di farsi del male, non è che sia svanita, è in agguato, non è che se ne va, si volatilizza, rimane, ma ci si lotta. È molto più difficile vivere che ammazzarsi, anche se ci vuole un gran coraggio a farsi fuori in quel modo, forse un po’ meno se sei strafatto di eroina… Ma noi siamo ancora qui a provarci, non come te.

L’ha rovinato la sua smania di voler cambiare le cose, le persone, il mondo. La sua cazzo di rovina fu una moglie (seppur in qualche modo innamorata) che andò a cercarselo per i soldi e che gli piazzò un figlio quando quei due non sapevano manco badare a se stessi. E, infatti, si vede come trattavano quella figlia, come un giocattolo, un bambolotto. Forse avrebbero fatto bene a togliergliela i servizi sociali. La sua cazzo di rovina fu essere circondato da gente egoista che non capiva niente. Furono le case discografiche, il mercato. Fu non aver trovato un bravo analista e qualcuno che lo rinchiudesse in una clinica, ma sul serio! Che ne so, dovevano provare a farlo avvicinare allo Yoga, alla meditazione, altro che “nirvana”! Ah ma no, scusate, l’ha ammazzato la Cia, vero.
E poi magari avrebbe smesso di fare grunge, avrebbe divorziato da Courtney, si sarebbe riappacificato con la madre e sarebbe diventato Neil Young, o pure meglio. E sarebbe stato felice, forse. Ma questa è un’altra storia. La mia storia immaginaria. (Nella mia storia immaginaria avrebbe sposato me poi, ovviamente).
E Brett, potevi evitare quell’abbassamento di luci alla madre e a Courtney quando “la morte” si sta avvicinando (oltretutto, dopo aver visto come sono oggi la madre Wendy e la Love, si spiegano tante cose… sono identiche!). Lo hai fatto per accontentare una generazione social affamata di retroscena, gossip, vita privata?
Almeno Brett, grazie di aver avuto la decenza di lasciar perdere il momento della morte. Dopo il ricovero a Roma il film s’interrompe di botto. Stop. Finita. Kurt morì pochi mesi dopo. Aveva 27 anni.
Il resto è storia.
Resta il fatto che avete rotto i coglioni.

Lasciatelo riposare in pace a ‘sto Kurt. Basta mangiarci sopra. Basta fare quelli che l’hanno capito meglio di tutti, quando nessuno di voi lo ha fatto, e men che meno io, in effetti. Nessuno di noi lo conosceva e lo conoscerà mai, e neanche chi ha avuto la fortuna di avere a che fare con lui lo ha conosciuto davvero, e non basta certo qualche filmino per “capirlo meglio”.
Consiglio vivamente, invece, la puntata fatta da Dave Grohl (grande assente, e meno male) nel suo documentario Sonic Higways, quella su Seattle. Non so, ma lì sono scoppiata a piangere. Ha avuto tatto, soprattutto facendolo raccontare a chi di dovere, a chi di musica ne capiva e in quel periodo c’era e lo ha vissuto in prima persona il grunge, e non ai soliti noti.
Montage of Heck no. Ci avevano provato già in molti, e di qualche film e biografia ce n’è stato anche bisogno, appena è morto. Ma ora basta, davvero, abbiate pietà.

Bene, eppure starete pensando che anche noi siamo qua a scrivere di Cobain, ancora e ancora. Infatti, ma il punto è che dovevo chiudere un capitolo della mia vita e mai, mai, mai più, lo giuro su Dio, scriverò una parola su Kurt Cobain, e molto probabilmente non lo farò fare neanche ai miei collaboratori. A meno che non dovesse resuscitare, in tal caso, magari una home page gliela daremo, dai… forse.
E se devo dirla tutta, i Nirvana, forse, non mi sono manco mai veramente piaciuti. C’è e c’è stata anche tanta altra grande musica, molto più grande e alta di quella arrabbiata e adolescenziale dei Nirvana.
Non ha tutti i torti la figlia a dire che no, i Nirvana manco le piacciono più di tanto. Preferisce gli Oasis.
Tuo padre sarebbe così fiero di te, Frances Bean Cobain.
Goodbye Cobain, e non Kurt, perché odiamo la gente che chiama per nome personaggi famosi che non hanno mai visto o che hanno incontrato mezza volta.
Vai, libero dalle troppe parole che ti hanno tenuto ingrovigliato in questo mondo che non volevi più e che non hai mai voluto. Libero dalle nostre menti, dai nostri cuori. Liberi anche noi.

 

Articolo tratto da Jaymag

 

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